paralleli pericolosi

PARALLELI PERICOLOSI : LE RIVELAZIONI MARZIANE DI DUE DONNE DEL WEST

INTRODUZIONE DI SIMONETTA BADIOLI, EDTORIALE LE LETTERE FIRENZE 2021

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Il romanzo „Unveiling a Parallel” ha ispirato, nel 2016, un film omonimo, ideato, sceneggiato e realizzato dall’artista polacca Dorota Walentynowicz. La regista si è occupata in passato di arte, scultura e fotografia, per illustrare temi quali il dominio maschile nella società, l’identità, la sessualità e i ruoli di uomini e donne .
Nel cortometraggio lo sguardo è rivolto a Marte e alla sua comunità utopica, ma contempla anche la Terra, il pianeta in cui vive un’umanità che si affida così totalmente alla scienza e alla tecnologia da non accorgersi di aver condotto la propria casa sull’orlo di una catastrofe.
Il soggetto principale è l’immaginazione: come vediamo le cose che ci circondando e cosa influisce sul modo di vederle. Walentynowicz crede che la tecnologia condizioni le immagini che ci formiamo del mondo nella nostra mente e ha ambientato la sua breve pellicola sperimentale (la durata è di poco più di venti minuti) in locations greche e islandesi, dove ha ricreato un set dall’atmosfera marziana, mostrando Marte come ipotizzato ai tempi in cui fu scritto il romanzo: un luogo utopico in cui poter vivere in futuro, oltre la Terra, prima di realizzare che, oltre la Terra, rimangono solo pianeti deserti e inabitabili.
Il messaggio è chiaro: la scienza e la tecnologia, così come utilizzate dagli umani, stanno distruggendo l’ambiente naturale terrestre, e oggi ne siamo sempre più consapevoli, man mano che aumentano le ferite che gli infliggiamo e, contestualmente, ci rendiamo conto che il nostro pianeta è probabilmente l’unico in tutto l’universo a poterci accogliere.
Il protagonista terrestre è rappresentato nel film da un rover/macchina fotografica, un veicolo che approda sulla superficie marziana e analizza ciò che lo circonda attraverso il suo sguardo: un occhio simile a quello di Hal 9000, che scansiona il terreno, l’atmosfera e gli esseri in tunica bianca che lo accolgono. Da Severnius a Elodia, a Clizia, Arianna e il Maestro, i marziani declamano a voce alta la loro superiorità sociale e intellettuale descrivendo il loro mondo, dove vige la parità tra i generi e non esistono discriminazioni. Le parole che narrano la nascita contemporanea dell’essere femminile e di quello maschile, la considerazione per le donne terrestri assimilate a una razza schiavizzata da così tanto tempo da non avere più il coraggio di ribellarsi, i raffinati metodi educativi adottati sul Pianeta Rosso, sono un insegnamento in funzione di quel messaggero terrestre che ritornerà sulla Terra, come il nostro Peter, con un bagaglio di conoscenze da condividere.
Una macchina, un robot, o un uomo qualunque, nulla cambia dentro di sé, ma la speranza dello spettatore è che riesca a portare una scintilla di consapevolezza, atta a far percepire che l’apocalisse imminente sta per colpire il nostro mondo: le ultime immagini rimandano la vista della Terra devastata dall’azione dell’inarrestabile, insensibile, progresso umano.
Se nel romanzo il viaggiatore parla, spesso avventatamente, nel cortometraggio il veicolo metallico che lo rappresenta guarda, fotografa, registra, ma non si esprime. Il suo ruolo è ora solo quello di ascoltare e apprendere la saggezza non innata raggiunta dagli abitanti di Marte.
In uno scambio di corrispondenza con la regista, le ho fatto notare quanto trovassi perfetta la sua scelta di ambientare l’opera in Grecia, non solo per il paesaggio marziano del Monte Psiloritis, ma per l’accostamento con l’antica cultura classica: non a caso il Maestro nella pellicola recita i suoi insegnamenti in lingue diverse, tra cui il greco. Ed effettivamente, Dorota ha scelto con cognizione di causa Creta e l’Islanda per girare il suo film: se l’isola mediterranea è il luogo che si ritiene la culla della civiltà europea, l’isola nord-atlantica è geologicamente simile a Marte, tanto che i rovers vengono lì testati per apprendere a riconoscere i materiali e gli aggregati minerali che troveranno sul Pianeta Rosso.
Concludo ribadendo l’attualità delle idee di Jones e Merchant che, ancora oggi, ispirano nuove riflessioni su temi tradizionali, quali la discriminazione femminile, e contemporanei, quali l’inquinamento e la distruzione dell’ambiente naturale. Considero estremamente apprezzabile notare che giovani artisti come Dorota Walentynowicz si siano rivolti al passato attirati da un romanzo che sembrava dovesse essere dimenticato per sempre e che invece, sembra ancora riuscire a interessare vecchie e nuove generazioni.

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